In tempi di streaming, Internet of things e digitalizzazione, anche il videogaming è sempre più
interconnesso con la rete. Le trasformazioni portate dalla connessione, ormai una realtà
quotidiana, non potevano certamente lasciare immutato un contesto così intrinsecamente
tecnologico come quello videoludico, determinandone trasformazioni profonde e, con tutta
probabilità, irreversibili. Posto che il videogaming è nato ben prima dell’esplosione di Internet,
con titoli storici del tutto indipendenti dalla rete, oggi il protagonismo di quest’ultima legittima il
domandarsi quanto sia possibile immaginare un futuro fatto di videogiochi offline: l’avvenire del
videogaming, insomma, può immaginarsi solo online?
La domanda, per quanto all’apparenza banale, presuppone di confrontarsi con aspetti di non
secondaria importanza, primo fra tutti la componente multiplayer. Il recente passato del
videogaming ha messo in luce come la tendenza sia sempre più quella di orientarsi a titoli fruibili
attraverso competizioni che passano per una connessione, un dato che viaggia di pari passo con
la crescita degli eSports. Le competizioni sportive videoludiche, infatti, hanno potuto crescere
solo grazie alla rete, sebbene le loro radici affondino nelle partite competitive in locale e, quindi,
indipendenti da Internet. Pensare al videogioco offline, oggi, taglierebbe una parte
importantissima dell’evoluzione del videogioco, nonché un aspetto fondamentale tra quelli che
l’hanno portato alle posizioni che attualmente ricopre.
L’evoluzione in direzione dell’online, tra l’altro, ha anche permesso importanti evoluzioni di
singoli giochi dal passato rigorosamente analogico, il cui primo successo risale a tempi ben
lontani dalla diffusione di Internet. È il caso del blackjack: grazie a siti specializzati sono fiorite
per esempio varianti che, allontanandosi dal tradizionale blackjack senza hole card, permettono
modifiche abbastanza rilevanti rispetto dalla versione originale del gioco. Si può poi pensare agli
scacchi, che forniscono un esempio di multiplayer in remoto ante litteram: non era raro, infatti,
giocare contro avversari lontani avvalendosi di vari servizi di corrispondenza, come posta o
telegrafo, comunicandosi vicendevolmente le proprie mosse. Un approccio che fa da precursore
alla realtà scacchistica odierna, fatta di innumerevoli software che permettono di confrontarsi
con persone da tutto il mondo, oltre che con intelligenze artificiali ospitate, anche in questo caso,
quasi sempre online.
I numeri del gaming mobile, attualmente il settore più in salute del videogaming, pongono in
luce un altro aspetto legato al videogioco: la sua estrema accessibilità. Se i moderni smartphone
ricoprono il ruolo di console a tutti gli effetti è merito degli store digitali, che permettono discaricare sul proprio dispositivo un numero senza precedenti di applicazioni videoludiche. Una
possibilità che già i vecchi cellulari, con suite preinstallate di giochi e passatempi, avevano fatto
intravedere; ma comunque molto distante da come oggi comunemente inteso.
Va rilevato come, dal lato opposto, si ponga chi evidenzia come al multiplayer si contrapponga il
single player: esperienze videoludiche slegate dalla competizione con altri giocatori e, di
conseguenza, dall’accesso alla rete. Per quanto i single player godano ancora oggi di ottima
salute, con innumerevoli e validissimi titoli recenti e con la prospettiva di non abbandonare le
esperienze puramente e semplicemente narrative, non si può evitare di notare come anche questi
abbiano ben più di un canale di comunicazione, spesso imprescindibile, con la rete. Un contatto
che si apre fin da subito, con il loro acquisto: comprare un gioco fisico, oggi, è un gesto riservato
a un mercato per collezionisti ed edizioni speciali, con la gran parte delle compravendite che si
svolge in appositi negozi digitali, come Steam, direttamente sugli store dei produttori, come
Ubisoft, o addirittura comprando solo la chiave d’attivazione di un titolo da un rivenditore terzo.
La connessione continua a essere necessaria anche per il supporto del gioco, soprattutto nelle
formule di game as a service: pass, stagioni, eventi a tempo, dlc post lancio e così via sono
aspetti aggiuntivi che accompagnano la vita di molteplici titoli, legandoli inscindibilmente alla
rete. Nemmeno i giochi single player, quindi, possono oggi dirsi autonomi da Internet.
È ancora possibile, quindi, pensare al videogaming come passatempo offline? In ultima analisi, e
nonostante tutto, dipende. La storia e l’evoluzione del videogioco dimostrano che, in astratto,
ancora oggi è possibile intrattenersi con titoli slegati dalla rete: il fenomeno del retrogaming ne è
un’ottima dimostrazione. Allo stesso tempo, pensare che il mondo del videogioco possa
emanciparsi dalla rete è probabilmente impossibile: i legami stretti con Internet dal mondo
videoludico, come in verità da tanti altri settori, sono troppi e troppo forti per essere recisi senza
causare una vera e propria rivoluzione, un’eventualità oggi decisamente difficile da immaginare.